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Arriva la cura con il cronometro, Fnomceo chiede il ritiro dei «tempari» regionali

Mandata ormai in soffitta l’umanizzazione delle cure, l’assistenza sanitaria in cerca di facile efficienza e risparmi adotta metodi da catena di montaggio di sapore tayloristico: venti minuti per una visita neurologica, altrettanti per una visita ginecologica, non più di 50 minuti per una risonanza magnetica, 20 minuti per una mammografia. Mezz’ora, invece, è concessa per una gastroscopia, 35 minuti se occorre fare anche la “biopsia di una o più sedi di esofago, stomaco o duodeno”. È questo il nuovo tempario delle prestazioni specialistiche ambulatoriali che alcune Regioni come Lazio, Lombardia e Sardegna in itinere, hanno imposto per decreto, «senza consultare i rappresentanti dei medici». Lo denuncia la Fnomceo, che in sede di Consiglio nazionale ha approvato a Siena all’unanimità una Mozione per ribadire «che il rapporto numero di prestazioni / unità di tempo, proprio dell’industria manifatturiera, non è applicabile alla Medicina», denunciando il pericolo per la salute dei pazienti e lo svilimento della relazione di cura e per chiedere «il ritiro delle disposizioni sui tempari nelle Regioni nelle quali sono stati approvati senza la consultazione della Professione».

«Non voglio neppure pensare di non poter prolungare un’ecografia morfologica sino a che non ho la piena certezza che il feto sia sano, o di non potermi prendere tutto il tempo necessario per comunicare una diagnosi infausta, solo per rimanere nell’ambito della mia esperienza di radiologo – ha affermato la presidente della Fnomceo, Roberta Chersevani -. Il nostro Codice Deontologico ribadisce a chiare lettere che anche il tempo di comunicazione è tempo di cura. Vogliamo un Codice fuorilegge? Una relazione di cura o a ore oppure clandestina? Vogliamo lesinare la quantità di cura erogata ai nostri pazienti, misurandola col cronometro? La Fnomceo non può accettarlo».

E denuncia infatti che «La mancata concertazione tra Parte Pubblica e medici specialisti contraddice la corretta applicazione dell’Acn che prevede la consultazione dei professionisti nel definire la tempistica delle agende di prenotazione».

Un’esclusione dei professionisti che secondo Fnomceo fa il paio con una deriva complessiva verso la rincorsa alla produttività, «scimmiottando metodi stranieri che non hanno nulla a che vedere con la nostra cultura sanitaria». Applicati a una situazione, quella degli ambulatori, già critica per carenze di personale, équipe sempre più sguarnite e difficoltà di organizzazione dei turni . «I tempari sono un segnale emblematico – spiega il vicepresidente Fnomceo Maurizio Scassola – di una deriva verso modelli che privilegiano la produttività a tutti i costi. Anche mettendo a rischio la sicurezza dei pazienti, dei medici e la qualità della relazione tra medico e paziente, di cui tanto si riempiono la bocca i decisori politici. Una relazione impossibile se si hanno solo 20 minuti per fare una visita. Pensiamo soltanto al tempo che serve a una persona anziana per mettersi comoda, spogliarsi e rivestirsi. E per fare il suo racconto. Saremo costretti a mandare via il paziente con la camicia fuori dai pantaloni. Ma vi sembra dignitoso tutto questo? I medici non vogliono rappresentare questo modello. Si vuole ridurre il professionista a una macchina, secondo una logica fordista che Fnomceo deve rifiutare. Una logica che per ora parte dagli ambulatori e poi rischierà di estendersi a tutto il sistema. Così si finisce per distruggere la sanità pubblica e sbilanciare pericolosamente il rapporto con la sanità privata».

Fino ad ora questo tipo di schematizzazioni è stato utilizzato come strumento orientativo per regolare l’organizzazione delle visite. Altra cosa è trovarsi un decreto regionale che impone la cura con il cronometro e rischia di limitare la libertà dei camici bianchi. E se si sforano i tempi che succede? «Succede che se sulla base del tempario dalle 8 alle 11 il medico deve visitare 20 pazienti – spiega Musa Awad Hussein, componente del Comitato Centrale Fnomceo – e per visitarli tutti finisce alle 13:00, la polizza assicurativa non copre quell’ora in più. E se il medico ha altri impegni successivamente, altri pazienti aspetteranno. È giusto organizzare meglio il lavoro ma non lo si può fare azzerando le differenze tra pazienti, tra patologie e tra medici stessi. Una visita oncologica ha una complessità e una delicatezza diversa da una visita dermatologica. Poi i pazienti ormai sono tutti anziani e i medici non hanno più l’aiuto di paramedici e assistenti. Quindi il tempo da dedicare alla visita è sempre più ristretto. Ma in questo modo il medico, costretto a rispettare il tempario, non rispetta il codice deontologico, perché non dedica al paziente il tempo necessario e segue direttive burocratiche».

24ore Sanità