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Responsabilità Professionale : approvata la legge che cambia la responsabilità penale e civile dei medici. Le novità

 Si riporta integralmente l’importante articolo di “ quotidianosanita.it” sul ddl Gelli in tema di Responsabilità Professionale
 Responsabilità professionale. Via libera dalla Camera. Il ‘ddl Gelli’ è legge. Cambiano la responsabilità penale e civile dei medici. Più trasparenza per i pazienti e sicurezza strutture.

Il disegno di legge sulla responsabilità professionale e la sicurezza delle cure è stato approvato, in terza lettura, con 255 pareri favorevoli e 113 contrari, nel testo licenziato dal Senato. Tra le novità, cambia il procedimento di elaborazione delle linee guida, le direzioni sanitarie delle strutture dovranno fornire la documentazione sanitaria dei pazienti che ne faranno richiesta entro 7 giorni, e verrà istituito un Fondo rischi per il risarcimento sinistri. Gelli (Pd): “Una data che resterà nella storia della sanità italiana”. 

28 FEB – L’Assemblea di Montecitorio ha oggi approvato, in via definitiva, il disegno di legge sulla responsabilità professionale e la sicurezza delle cure con 255 pareri favorevoli e 113 contrari. Contrari Forza Italia, Cinque Stelle e Sinistra Italiana, mentre Lega e Fratelli d’Italia hanno scelto l’astensione. A favore tutti gli altri gruppi.

Dopo oltre 15 anni di dibattito parlamentare ed un primo tentantivo, con la legge Balduzzi, di normare la materia, il Parlamento è riuscito oggi a dare una risposta complessiva al tema della responsabilità professionale del personale sanitario e della sicurezza delle cure per i pazienti. L’obiettivo della legge è quello di risponde principalmente a due problematiche: la mole del contenzioso medico legale, che ha causato un aumento sostanziale del costo delle assicurazioni per professionisti e strutture sanitarie, e il fenomeno della medicina difensiva che ha prodotto un uso inappropriato delle risorse destinate alla sanità pubblica. Il tutto nell’ottica della ricerca di un nuovo equilibrio nel rapporto medico-paziente che permetta, da una parte ai professionisti di svolgere il loro lavoro con maggiore serenità, grazie alla nuove norme in tema di responsabilità penale e civile, e dall’altra garantendo ai pazienti maggiore trasparenza e la possibilità di essere risarciti in tempi brevi e certi per gli eventuali danni subiti.

Con il nuovo provvedimento cambia la responsabilità civile e penale per gli esercenti la professione sanitaria, si regolamenta l’attività di gestione del rischio sanitario, prevedendo che tutte le strutture attivino un’adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio (risk managment), si prevede l’obbligo per le direzioni sanitarie delle strutture di fornire la documentazione sanitaria dei pazienti che ne faranno richiesta entro 7 giorni, e si affidano le linee guida non più solo le Società scientifiche, ma anche enti e istituzioni ed associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie.

“Quella di oggi è una data che resterà nella storia della sanità italiana. Finalmente, grazie all’aiuto, e al prezioso contributo, di tutti i colleghi di Camera e Senato, il Ddl sulla responsabilità professionale e la sicurezza delle cure, è legge. Si tratta di un provvedimento atteso ormai da ben oltre un decennio da parte degli operatori della sanità”. Così il responsabile sanità del Pd e relatore del disegno di legge sulla Responsabilità professionale, Federico Gelli, ha commentato l’approvazione definitiva della legge.

Nel corso della sua relazione in Aula, Gelli si è poi soffermato in particolare sull’articolo 9, in tema di azione di rivalsa, spiegando come durante il passaggio del testo in Senato, nel riformulare i commi 5 e 6, e facendo riferimento alle diverse situazioni in cui questa può essere esercitata, si è deciso di utilizzare l’espressione “moltiplicato per il triplo”, che, ha spiegato il responsabile sanità dem, “evidentemente, in base al principio di ragionevolezza, deve essere interpretata nel senso di non superiore al triplo. Al di là dell’espressione non particolarmente felice, infatti non si può pensare che il legislatore abbia voluto intendere che il reddito debba essere moltiplicato per il triplo. Ciò equivarrebbe, in pratica, a non porre alcun limite. È giusto che ciò rimanga agli atti di quest’Aula”.

Il provvedimento si compone di 18 articoli. Di seguito l’analisi del testo articolo per articolo.

L’articolo 1 qualifica la sicurezza delle cure come parte costitutiva del diritto alla salute e precisa che essa si realizza anche mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e mediante l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche ed organizzative. Le attività di prevenzione del rischio – alle quali concorre tutto il personale – sono messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private.

L’articolo 2 prevede che le Regioni e le province autonome possono affidare all’Ufficio del difensore civico la funzione di Garante del diritto alla salute, disciplinandone la struttura organizzativa ed il supporto tecnico. In tale sua funzione il Difensore civico può essere adito gratuitamente dai destinatari di prestazioni sanitarie per la segnalazione, anche anonima, di disfunzioni nel sistema dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria . Il difensore acquisisce gli atti e nel caso di fondatezza della segnalazione agisce a tutela del diritto leso. Viene poi contemplata l’istituzione in ogni Regione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso e li trasmette annualmente, mediante procedura telematica unificata a livello nazionale all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza in sanità disciplinato dall’articolo 3.

L’articolo 3 rimette ad un decreto del Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, da emanare entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, l’istituzione presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità. Spetta all’Osservatorio il compito di acquisire dai Centri per la gestione del rischio sanitario di cui all’articolo 2, i dati regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonché alle caratteristiche del contenzioso e di individuare idonee misure, anche attraverso la predisposizione – con l’ausilio delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie di cui all’articolo 5 -, di linee di indirizzo, per la prevenzione e gestione del rischio sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure nonché per la formazione e aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie. L’Osservatorio, nell’esercizio delle sue funzioni, si avvale del Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (Simes).

L’articolo 4 disciplina la trasparenza dei dati, assoggettando all’obbligo di trasparenza le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e private nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al D.Lgs 196/2003. La direzione sanitaria della struttura entro sette giorni dalla presentazione della richiesta fornisce la documentazione sanitaria disponibile relativa al paziente, in conformità alla disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi e a quanto previsto dal Codice in materia di protezione dei dati personali. Le eventuali integrazioni sono fornite entro il termine massimo di trenta giorni dalla presentazione della richiesta ed entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge le strutture sanitarie pubbliche e private adeguano i propri regolamenti interni, in attuazione della legge n. 241/1990, alle citate disposizioni sulla trasparenza. Viene infine previsto che le medesime strutture sanitarie pubbliche e private rendono disponibili mediante la pubblicazione sul proprio sito Internet, i dati relativi ai risarcimenti erogati nell’ultimo quinquennio.

L’articolo 5 disciplina le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida prevedendo che gli esercenti le professioni sanitarie nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e disciplinato con decreto del Ministro della salute da emanarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette raccomandazioni gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali. Vengono poi disciplinati alcuni contenuti del decreto ministeriale diretto ad istituire e disciplinare l’elenco degli enti, delle istituzioni, delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie che elaborano le raccomandazioni e le linee guida cui si attengono gli esercenti le professioni sanitarie nell’esecuzione delle relative prestazioni. Le linee guida ed i relativi aggiornamenti sono integrati nel Sistema nazionale per le linee guida (Snlg) disciplinato con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge. L’Istituto superiore di sanità pubblica sul proprio sito Internet gli aggiornamenti e le linee guida indicati dal Snlg previa verifica di conformità della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto.

L’articolo 6 introduce nel codice penale il nuovo articolo 590-sexies, che disciplina la responsabilità colposa per morte o per lesioni personali in ambito sanitario. Viene previsto che se i fatti di cui agli art. 589 c.p. (omicidio colposo) e art. 590 c.p. (lesioni personali colpose) sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste in caso di condotta negligente o imprudente del medico. Solo se l’evento si sia verificato a causa di imperizia la punibilità è esclusa, purchè risultino rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto. Il comma 2 dell’articolo in esame, infine, abroga, con finalità di coordinamento, il comma 1 dell’articolo 3 della legge 189/2012 (legge Balduzzi) che attualmente disciplina la materia.

Rispetto alla disciplina della legge Balduzzi sopracitata, le novità introdotte dall’art. 589-sexies c.p. per la responsabilità penale del medico riguardano, in particolare:
• la mancata distinzione tra gradi della colpa, con la soppressione del riferimento alla colpa lieve;

• stante l’esclusione dell’illecito penale nel solo caso di imperizia (sempre ove siano rispettate le citate linee guida o le buone pratiche), la punibilità dell’omicidio colposo e delle lesioni colpose causate dal sanitario per negligenza o imprudenza (gli ulteriori elementi del reato colposo previsti dall’art. 43 c.p.), indipendentemente dalla gravità della condotta, quindi anche per negligenza o imprudenza lieve.

L’articolo 7 pone poi alcuni principi relativi alla responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria. Si prevede che la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che nell’adempimento della propria obbligazione si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e anche se non dipendenti dalla struttura, risponde delle loro condotte dolose e colpose ai sensi degli articoli 1218 (Responsabilità del debitore) e 1228 (Responsabilità per fatto degli ausiliari) del codice civile. Tale disposizione si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina. In ogni caso l’esercente la professione sanitaria risponde ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Nella determinazione del risarcimento del danno il giudice tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5 – e quindi del rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali e delle raccomandazioni previste dalle linee guida – e dell’articolo 590-sexies c.p. introdotto dall’articolo 6 del provvedimento. Viene quindi previsto un regime di doppia responsabilità civile, qualificato come:
• responsabilità contrattuale per la struttura – con onere della prova a carico della struttura stessa e termine di prescrizione di dieci anni;

• responsabilità extra-contrattuale per l’esercente la professione sanitaria (qualora direttamente chiamato in causa) a qualunque titolo operante in una struttura sanitaria e sociosanitaria pubblica o privata – salvo il caso di obbligazione contrattuale assunta con il paziente – con onere della prova a carico del soggetto che si ritiene leso e termine di prescrizione di cinque anni.

Quanto alle modalità di risarcimento del danno conseguente all’attività della struttura sanitaria o socio sanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria viene prevista la sua liquidazione sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 (Danno biologico per lesioni di non lieve entità) e 139 (Danno biologico per lesioni di lieve entità) del codice delle assicurazioni private (D.Lgs n. 209/2005). Il riferimento è alle tabelle uniche nazionali dei valori economici del danno biologico il cui aggiornamento è disposto annualmente con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico. Le disposizioni dell’articolo in esame vengono qualificate come “norme imperative” ai sensi del codice civile. La precisazione intende sancire l’inderogabilità delle disposizioni sulla responsabilità civile per danno sanitario anche ove il contratto tra le parti disponga diversamente. La contrarietà a norme imperative determina l’illiceità di un negozio giuridico.

L’articolo 8 prevede, invece, un meccanismo finalizzato a ridurre il contenzioso per i procedimenti di risarcimento da responsabilità sanitaria mediante un tentativo obbligatorio di conciliazione da espletare da chi intende esercitare in giudizio un’azione risarcitoria. Più in particolare, viene disposta l’applicazione dell’istituto del ricorso (presso il giudice civile competente) per l’espletamento di una consulenza tecnica preventiva ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c. (ricorso che è, di regola, facoltativo) ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Sono previsti meccanismi procedurali volti a rendere improcedibile la domanda ove non sia stata esperito il tentativo di conciliazione. La domanda diviene, pertanto, procedibile, solo se la conciliazione non riesce o il relativo procedimento non si conclude entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso. La mancata partecipazione delle parti (comprese le assicurazioni) al procedimento di consulenza tecnica preventiva obbliga il giudice a condannarle, con il provvedimento che definisce il giudizio, al pagamento delle spese di consulenza e di lite, a prescindere dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione.

L’articolo 9 reca un’ulteriore disposizione, a completamento del nuovo regime della responsabilità sanitaria, disciplinando l’azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa della struttura sanitaria nei confronti dell’esercente la professione sanitaria, in caso di dolo o colpa grave di quest’ultimo, successivamente all’avvenuto risarcimento (sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale) ed entro un anno dall’avvenuto pagamento. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la struttura sanitaria o la compagnia assicuratrice non fa stato nel giudizio di rivalsa se l’esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio. I commi da 2 a 4 e 6 dell’articolo 9 recano una disciplina specifica dell’azione di rivalsa summenzionata, mentre il comma 5, reca norme specifiche per l’azione di responsabilità amministrativa.

In particolare, in caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o socio-sanitaria pubblica o dell’esercente la professione sanitaria il comma 5 stabilisce che:
titolare dell’azione di responsabilità amministrativa, per dolo o colpa grave, è il pubblico ministero presso la Corte dei conti;

• ai fini della quantificazione del danno il giudice tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui l’esercente la professione sanitaria abbia operato;

• per l’importo della condanna in base all’azione di responsabilità amministrativa (con esclusione dei casi di dolo) si prevede un limite, per singolo evento, pari al valore maggiore della retribuzione lorda (o del corrispettivo convenzionale) conseguita nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento (o nell’anno immediatamente precedente o successivo), non superiore al triplo; tale limite si applica sia all’importo della condanna suddetta sia all’importo dell’azione di surrogazione da parte dell’assicuratore che abbia pagato l’indennità (surrogazione, fino alla concorrenza dell’ammontare della suddetta indennità, nei diritti dell’assicurato verso il terzo responsabile);

• per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, l’esercente la professione sanitaria, nell’ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, non può essere preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti e che il giudicato costituisca oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi superiori.

In relazione all’azione di rivalsa, il comma 6 prevede che, se è accolta la domanda del danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata, o nei confronti dell’impresa di assicurazione titolare di polizza con la medesima struttura, l’azione nei confronti dell’esercente la professione sanitaria deve essere esercitata innanzi al giudice ordinario, e la misura della rivalsa e quella della surrogazione richiesta dall’impresa di assicurazione – ai sensi dell’articolo 1916, primo comma, del codice civile – per singolo evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguita nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo. Tale limite non si applica nei confronti degli esercenti la professione sanitaria di cui all’articolo 10, comma 2 (cfr. infra). Nel giudizio di rivalsa e in quello di responsabilità amministrativa, il giudice può desumere argomenti di prova dalle prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell’impresa di assicurazione solo se l’esercente la professione sanitaria ne sia stato parte.

L’articolo 10 mira a integrare il quadro delle tutele per il ristoro del danno sanitario in coerenza con la disciplina sulla responsabilità civile. La disposizione prevede:
• l’obbligo di assicurazione (o di adozione di un’analoga misura) per la responsabilità contrattuale (ex artt. 1218 e 1228 c.c.) verso terzi e verso i prestatori d’opera, a carico delle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, anche per i danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture medesime, compresi coloro che svolgono attività di formazione, aggiornamento nonché di sperimentazione e ricerca clinica; si specifica inoltre che l’obbligo concerne anche le strutture sociosanitarie e le prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale, nonché attraverso la telemedicina;

• l’obbligo, per le strutture in esame, di stipulare altresì una polizza assicurativa (o di adottare un’analoga misura) per la copertura della responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie (con riferimento all’ipotesi in cui il danneggiato esperisca azione direttamente nei confronti del professionista). Tali disposizioni tuttavia non si applicano agli esercenti la professione sanitaria di cui al comma 2 (v. ultra).

Il comma 2 prevede l’obbligo di assicurazione a carico del professionista sanitario che svolga l’attività al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 o che presti la sua opera all’interno della stessa in regime libero-professionale ovvero che si avvalga della stessa nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente, per i rischi derivanti dall’esercizio della medesima attività. In una logica più generale di equilibrio e solvibilità del risarcimento è stata prevista al comma 3 l’obbligatorietà per gli esercenti le professioni sanitarie, passibili di azione amministrativa della Corte dei conti per danno erariale o di rivalsa in sede civile, se operanti in strutture private, di stipulare idonee polizze assicurative per colpa grave. Sono contemplate misure di garanzia del funzionamento del sistema assicurativo prevedendosi, rispettivamente, che:
• le strutture rendano note, mediante pubblicazione sul proprio sito internet, informazioni analitiche concernenti la copertura assicurativa prescelta;

• con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi di concerto con il Ministro della salute, siano definiti i criteri e le modalità di vigilanza e controllo che l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) è tenuto ad effettuare sulle compagnie assicuratrici che intendano contrarre polizze con le strutture e con gli esercenti la professione sanitaria;

• con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute e quello dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sentiti l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, l’ANIA, le Associazioni nazionali rappresentative delle strutture private che erogano prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, la Federazione nazionale dei medici chirurghi e degli odontoiatri, le Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni sanitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie professionali interessate, nonché le associazioni di tutela dei cittadini e dei pazienti, sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche o private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l’individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati;

• con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare di concerto con il Ministro della salute e sentito l’IVASS sono individuati i dati relativi alle polizze di assicurazione stipulate ai sensi dei commi 1 e 2 ed alle altre analoghe misure adottate e sono stabilite altresì le modalità per la comunicazione di tali dati all’Osservatorio da parte delle strutture sanitarie e sociosanitarie e degli esercenti le professioni sanitarie.

L’articolo 11definisce i limiti temporali delle garanzie assicurative. In particolare, la garanzia assicurativa deve prevedere un’operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, purché denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza. Inoltre, in caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per qualsiasi causa, deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, periodo nel quale è incluso quello suddetto di retroattività della copertura.

L’articolo 12, introduce un’importante novità nel sistema del contenzioso in ambito sanitario con la previsione di una ulteriore modalità di azione per il danneggiato ovvero l’azione diretta nei confronti dell’impresa di assicurazione della struttura sanitaria e del libero professionista. L’esercizio dell’azione, subordinato al fallimento del tentativo di conciliazione obbligatorio (di cui all’art. 8), potrà comunque portare, al massimo, al riconoscimento delle somme per le quali la struttura o il sanitario hanno stipulato il contratto di assicurazione. Si prevede, inoltre:
• l’inopponibilità al danneggiato, per l’intero massimale di polizza, di eccezioni contrattuali diverse da quelle stabilite dal decreto del Ministro dello sviluppo economico di cui all’articolo 10, comma 6, che individuerà i requisiti minimi delle polizze assicurative;

• che l’impresa di assicurazione abbia diritto di rivalsa verso l’assicurato nel rispetto dei requisiti minimi delle polizze assicurative, non derogabili contrattualmente, previsti dal citato decreto del Ministro dello sviluppo economico;

• il litisconsorzio necessario, sia dei medici sia delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private, nelle cause di risarcimento intentate dai danneggiati contro le imprese assicurative;

• il diritto d’accesso (del sanitario, del danneggiato e dell’impresa assicurativa) a tutta la documentazione della struttura sui fatti oggetto del giudizio;

• una durata del termine di prescrizione dell’azione diretta pari a quello dell’azione contro la struttura sanitaria o sociosanitaria (pubblica o privata) o contro l’esercente la professione sanitaria. Viene stabilita l’applicazione della disciplina dell’azione diretta a decorrere dall’entrata in vigore del citato decreto del Ministro dello sviluppo economico con cui vengono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative.

L’articolo 13 prevede che le strutture sanitarie e sociosanitarie e le compagnie di assicurazione comunicano all’esercente la professione sanitaria l’instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell’atto introduttivo, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia dell’atto introduttivo del giudizio. Il suddetto obbligo (con i relativi effetti, in caso di inadempimento) è esteso anche alla comunicazione (all’esercente la professione sanitaria) dell’avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato (comunicazione che deve recare l’invito a prendervi parte): l’omissione, la tardività o l’incompletezza delle comunicazioni preclude l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all’articolo 9.

Un’ulteriore disposizione volta a tutelare i soggetti danneggiati è l’articolo 14, che prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero della salute, di un Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria. Il Fondo di garanzia è alimentato dal versamento di un contributo annuale dovuto dalle imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria. A tal fine il predetto contributo è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al fondo di garanzia. Il Ministero della salute con apposita convenzione affida alla CONSAP spa (Concessionaria servizi assicurativi pubblici) la gestione delle risorse del Fondo di garanzia. Con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni, sono definiti la misura del contributo dovuto dalle imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria, le modalità di versamento dello stesso, i principi cui dovrà uniformarsi la convenzione tra il Ministero della salute e la Consap s.p.a, le modalità di intervento, di funzionamento e di regresso del Fondo di garanzia nei confronti del responsabile del sinistro. Il Fondo di garanzia concorre al risarcimento del danno nei limiti delle effettive disponibilità finanziarie. La misura del contributo è determinata e aggiornata con cadenza annuale con apposito decreto del Ministro della salute, di concerto con quello dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze, in relazione alle effettive esigenze del Fondo di garanzia. Il Fondo di garanzia risarcisce i danni cagionati da responsabilità sanitaria nei seguenti casi:

a) il danno sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti stipulati dalla struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero dall’esercente la professione sanitaria;

b) la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero l’esercente la professione sanitaria risultino assicurati presso un’impresa che al momento del sinistro si trovi in stato di insolvenza o di liquidazione coatta o vi venga posta successivamente;

c) la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero l’esercente la professione sanitaria siano sprovvisti di copertura assicurativa per recesso unilaterale dell’impresa assicuratrice ovvero per la sopravvenuta inesistenza o cancellazione dall’albo dell’impresa assicuratrice stessa.

L’articolo 15 riforma la disciplina sulla nomina dei CTU (consulenti tecnici d’ufficio) in ambito civile e dei periti in ambito penale; tale modifiche appaiono di particolare rilievo, costituendo le perizie i cardini del giudizio nell’ambito del contenzioso e dei giudizi sanitari. Sono, in particolare, rafforzate le procedure di verifica delle competenze e resi trasparenti i possibili conflitti d’interesse rendendo di fatto disponibili al giudice tutti gli albi presenti a livello nazionale, da aggiornare ogni 5 anni.

E’ previsto, in particolare:
• che l’autorità giudiziaria debba affidare sempre la consulenza e la perizia a un collegio costituito da un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti aventi specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento e riferite a tutte le professioni sanitarie;

• che i CTU da nominare nel tentativo di conciliazione obbligatoria (di cui all’articolo 8, comma 1), siano in possesso di adeguate competenze nell’ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi;

• l’inapplicabilità ai componenti del collegio della disciplina dei compensi di cui all’art. 53 Tu spese di giustizia (secondo cui, quando l’incarico è stato conferito ad un collegio di ausiliari, il compenso globale è determinato sulla base di quello spettante al singolo, aumentato del 40%).

L’articolo 16, modificando i commi 539 e 540 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015) che hanno dettato norme in materia di attività di prevenzione e gestione del rischio sanitario prevede che i verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell’ambito di procedimenti giudiziari, e che l’attività di gestione del rischio sanitario sia coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipollenti, in medicina legale, ovvero da personale dipendente con adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel settore.

L’articolo 17 contiene una clausola di salvaguardia in base alla quale le disposizioni del provvedimento in oggetto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001. L’articolo 18, infine, contiene la clausola di invarianza finanziaria.

Giovanni Rodriquez

In allegato il testo di legge